SUBJECT

SUBJECT

Identification

Basilica di Sant'Apollinare Nuovo, Ravenna - Parabola del Fariseo e del Pubblicano

73 C 88 2

Iconographic description

Davanti ad un tempio sormontato da un frontone con oculus, e sorretto da quattro colonne, campeggiano due figure maschili: quella di sinistra, con indosso vesti dimesse, è volta di tre quarti, ha il capo reclinato verso il centro della scena e si batte il petto con la mano destra, in segno di umiltà; la figura di destra, in posizione frontale, indossa abiti raffinati, tra i quali una tunica bianca ricamata alle estremità delle maniche e nella parte inferiore della tunica; è in atteggiamento di orante (avambracci alzati ed allargati, con il palmo delle mani aperto) e sembra ostentare superbia.Dal frontone pende una tenda annodata al centro, che si staglia nel vano della porta.

Iconological description

La parabola del Fariseo e del Pubblicano.Lc, 18, 10-14: Gesù disse: "Una volta c'erano due uomini: uno era un Fariseo e l'altro era un Pubblicano. Un giorno salirono al tempio per pregare.Il Fariseo se ne stava in piedi e pregava così tra sé: - O Dio, ti ringrazio perché io non sono come gli altri uomini: ladri, imbroglioni, adulteri. Io sono diverso anche da quell'agente delle tasse. Io digiuno due volte alla settimana ed offro al tempio la decima parte di quello che guadagno. -Il Pubblicano, invece, si fermò indietro e non voleva neppure alzare lo sguardo al cielo. Anzi, si batteva il petto dicendo: - O Dio, abbi pietà di me che sono un povero peccatore! - Vi assicuro che il Pubblicano tornò a casa perdonato; l'altro, invece, no. Perché chi si esalta sarà umiliato; chi invece si umilia, sarà esaltato."La scena non presenta la figura di Cristo, perché non si tratta dell'illustrazione di un episodio miracoloso, bensì della parabola raccontata da Gesù per coloro che confidano in se stessi come giusti e disprezzano gli altri.Secondo Raffaele Garrucci, nella parte inferiore della veste del Fariseo, si leggerebbe la parola ebraica Eli, ossia "Mio Dio": attraverso tale ricamo, l'artista avrebbe voluto ricordare l'usanza dei Farisei di scrivere il nome di Dio sulle loro vesti per farsi notare quando comparivano in pubblico (GARRUCCI 1877, Musaici ciminiteriali e non cimiteriali, p. 57).